il quadrato nero
Poi tutto finisce, improvvisa la luce si spegne sul quadrato nero che arriva. Il compiuto torna incompiuto
Ho vissuto da immortale fino a che la consapevolezza non ha parlato ai miei obbiettivi, regalando una dimensione al tempo; ma la paura di non raggiungere ciò che devo mi rende fragile, vulnerabile, e se la compiutezza ha smarrito il suo credo, del tempo che resta io non so che farne.
Mentre intorno cadono pedine, sotto il tiro del cecchino a cui non puoi sparare, lascio le braccia andare alla corrente, che porta a valle i miei ricordi. Passo per posti che ho già visto, suoni e odori visitati, e riflessi sull'acqua gli amici caduti mi danzano intorno.
Mi piace pensare che chi va via in realtà non muore, semplicemente sublima, diviene impalpabile, permanendo in equilibrio.
Mi piace pensare che è proprio in quell'equilibrio che si trova la quiete, la tregua da quel lungo gioco che nessuno ha scelto di fare.
Mi piace pensare che la fede senza prova un giorno noni farà più paura.
Ogni cosa nasce, germoglia e muore, e forse è proprio qui alla tua porta che devo cercare un senso al mio penare, forse proprio tu oscura Signora sei passaggio tra la vita e il sogno.
Alzo il calice del dolore e brindo a te, madre di tutte le madri, brindo al non dover più fuggire, al potermi abbandonare al tuo mantello carminio, al silenzio che mi avvolge.
Brindo all’unica religione che è la vita, e alla verità che è il mio valore. E brindo alla mia mente, che si dibatte ancora nel libero pensiero, alla ricerca dell'ultimo santuario sul precipizio dell'anima, l'immaginazione.
Il QUADRATO NERO
Poi tutto finisce, quando improvvisa la luce spegne, e puntuale il quadrato nero arriva.
Poi il compiuto torna incompiuto
Ho vissuto da immortale finchè la consapevolezza non ha parlato agli obbiettivi,
regalando una dimensione al tempo; ma la paura di non raggiungere ciò che devo mi rende fragile,
vulnerabile, e se la compiutezza ha smarrito il suo credo, del tempo che resta io non so che farne.
Mentre intorno cadono pedine, sotto il tiro del cecchino a cui non puoi sparare, lascio le braccia andare alla corrente,
che porta a valle i miei ricordi. Passo per posti che ho già visto, suoni e odori visitati, e sull'acqua riflessi, gli amici caduti mi danzano intorno.
Mi piace pensare che chi va via in realtà non muore, semplicemente sublima, diviene impalpabile, permanendo in equilibrio.
Mi piace pensare che è proprio allora, in quell'equilibrio che si incontra la quiete, e la tregua da quel gioco che nessuno ha scelto di fare.
Mi piace pensare che la cieca fede senza prova all’improvviso non farà paura.
Ogni cosa nasce, germoglia e muore.
Ma è poi forse qui che devo cercare il senso del penare.
Forse sei tu oscura Signora quella porta tra la vita e il sogno.
Alzo il calice del dolore e brindo a te, madre di tutte le madri, brindo al non dover fuggire,
al potermi abbandonare nel mantello carminio, al silenzio che mi avvolge.
Brindo all’unica religione che è la vita, e alla verità che è il mio valore.
E brindo alla mia mente, che si dibatte ancora nel libero pensiero, alla ricerca dell'ultimo santuario sul precipizio dell'anima, l'immaginazione.